La Recensione
Fin dalle prime foto del prototipo, diffuse in internet con le solite scansioni, questo modello mi ha fatto sobbalzare, per l’evidente cambio di rotta che Bandai ha dato alla linea Soul of chogokin. Finalmente ad un design classico, si applicavano alcune soluzioni già presentate da altri produttori e che garantivano una posabilità ed articolazione quasi da action figure.
Meglio però andare con ordine.
Le confezioni del Gx44 sono due. La prima, denominata ‘S’ contiene anche la versione ’80 del Black OX, mentre la versione semplice, garantisce un certo risparmio e comprende il solo T28. Quest’ultima è stata quella da me scelta, non apprezzando il design del Ox e questa è quella recensita, sottolineando, comunque che il modello è il medesimo.
Il modellino rappresenta la versione anni ottanta del ben più vecchio Tetsujin 28 (da noi noto come Super robot 28). Il robot a cui è ispirato in se è decisamente più snello ed elegante rispetto al precursore, che tanto faceva scaldabagno. Perde alcuni particolari, come gli occhi umanizzati, le rivettature, ma acquista un certo slancio e modernità, che lo fa, decisamente invecchiare meno, rispetto alla versione originale.
Come dimensioni siamo nella categoria dei classici S.o.C. di Bandai, con i suoi 18 cm circa il gx44 svetta però fra i GX compatti.
Il corpo principale è composto da una buona percentuale di metallo, busto, bacino, braccia, piedi e quasi tutte le gambe. La plastica è localizzata negli avambracci, nei femori e sulle spalle. Oltre che, ovviamente nella testa e negli accessori.
La verniciatura va dal buono al molto buono anche se alcuni particolari stonano un po’ come finitura.. Il blu utilizzato è molto bello e presenta una finitura metallizzata, che però è assente nelle parti plastiche, rendendo evidente una certa differenza cromatica e nuocendo all’uniformità del modellino. Quest’aspetto è una delle cose che meno mi piacciono nelle produzioni Bandai. Già in passato, alcune scelte operate per la colorazione, come l’uso di plastica colorata in pasta e non verniciata, mi avevano lasciato un po’ l’amaro in bocca e questo T28 non fa eccezione.
Altra incongruenza che va a danno della qualità complessiva è l’approssimazione delle finiture delle mani. Anche vedendo il modello nel suo complesso non si può evitare di notare quanto siano grezzi i dettagli delle mani. Le foto ravvicinate, poi, non lasciano scampo.
Capitolo articolazioni.
Come successo con il gx24, per una strana coincidenza, anche il Gx44, praticamente, è il capostipite di un nuovo approccio nella modellazione ed articolazione dei chogokin di Bandai. Vengono abbandonate soluzioni che privilegiavano l’estetica a scapito della posabilità e si sposano articolazioni un po’ più evidenti, ma che permettano al modello di assumere posizioni, finora impensabili. Stesso destino però accomuna questi due modelli anche nella decisione di Bandai di non applicare come standard le nuove soluzioni adottate. Così nel Gx44 non abbiamo che un piccolo accenno all’articolazione dell’anca telescopica. Quindi il nuovo T28 ruota solo di pochi gradi il femore, contrariamente al “botti forme” gx24. Non ha nemmeno l’articolazione al piede.
In compenso, oltre al sistema a ribaltina che permette di piegare le gambe ben oltre i canonici 90° , qui è al suo debutto la versione del gomito a due punti di snodo in versione Bandai. Questa soluzione, già vista le Mazinkaiser di MaxFactory, permette una completa rotazione da 0 a 90° del gomito, seppur rinunciando in parte all’occultamento dell’articolazione. Rispetto a quanto già visto, Bandai riesce comunque a far un po’ meglio e grazie alla sagomatura dell’avambraccio, maschera meglio, anomala anatomia del gomito.
Per il resto, questo t28 presenta una buona se non ottima potabilità. Articolazioni sono presenti alle caviglie, ginocchi (come abbiamo detto caratterizzati da un sistema a scatto che permette di arrivare oltre 90° di angolazione), bacino, busto, spalle, braccia ed avambracci, polso e collo (entrambi con un sistema tipo uniball).
La testa, è presente in due varianti. Una presenta un intelligente sistema per simulare la posizione di volo. Non potendo intervenire sul collo, in quanto il design originale presenta una delle tante incongruenze fisiche del mondo dei super robot, Bandai fa scorrere, letteralmente, il volto e la cresta lungo la struttura della testa. Il risultato, a mio avviso, è ottimo.
Gli accessori in confezione, sono pochi, ma d’altro canto non è che il mecha design ne presentasse di particolari o particolarmente numerosi.
C’è il booster,di buona fattura, con sistema a scatto delle ali. Ricorda un po’ quello del Great Mazinger Gx02. Due miniature Shotaro, il pilota del robot (anche se pilota per modo di dire), il suo mezzo e il robot di supporto. Tutti adeguatamente dettagliati, anche in considerazione delle dimensioni davvero minuscole.
Parentesi a parte la meritano, in negativo, le mani. Che come anticipato sono rifinite veramente male. Sono colorate in pasta e non verniciate. Non vi sono dettagli di colore diverso, come le giunzioni o altro. Anche il materiale ha un aspetto grezzo, poco convincente, dall’aspetto veramente grossolano. Strano perché il modello, pur essendo un uscita per così dire minore, non meritava questa disattenzione. Cosa successa però anche ad un illustre predecessore come il getter one del set Gx06, con le mani assolutamente fuori cromia rispetto al corpo.
L’acquisto del modello è da raccomandarsi comunque sia ai cultori della serie, ma anche solo a chi piacciono i prodotti Bandai. Tutto sommato l’impegno c’è ed il risultato è più che soddisfacente.
La confezione da scegliere, se non si è appassionati della serie animata è quella col robot singolo, si risparmia qualche soldino ed un po’ di posto in vetrina. Il black OX nella versione anni ’80 non è quel mostro di design e comunque la sua riproduzione presenta meno parti metalliche rispetto al T28, oltre ad una certa quantità di parti riciclate. Da tenere in considerazione SOLO se di proprio gusto.
- un progetto tutto nuovo
- molto fedele
- molto posabile
- buona presenza di metallo
- alcuni dettagli poco rifiniti
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