Era circa 1998 quando fu presentato Shin Getter The Last Day, una mini serie di 13 episodi (oav per la precisione) caratterizzati da un livello tecnico pregevole (diciamo almeno per buona parte della serie) e da una trama completamente rivista e che narra una sorta di “universo parallelo” rispetto alla vecchia serie animata nonché rispetto al manga di Nagai e Ishikawa.
Al di là del valore della serie in se, non è possibile comunque negare che ha dato il via a tutta una serie di nuove riproposizioni ed ha rinnovando i mechanical design di tutta la famiglia getter.
Se come prima casa, abbiamo incontrato Aoshima con il suo ottimo Shin Getter Robot, Bandai su questo brand era latitante, almeno fino alla presentazione del Gx51 ovvero il Getter Dragon proprio di the last day.
A seguire Bandai ha poi presentato il Getter One, sempre ispirato a quello visto nella serie di OAV ed in questo caso, entrando in diretta concorrenza con la casa della grande A, dato che era un mecha già presentato.
Vediamo dunque quali e quanti aspetti caratterizzano questo che ad oggi è l’ultimo dei Soul of Chogokin tradizionali e non trasformabili o componibili.
La confezione
La scatola, dalla grafica abbastanza semplice ma elegante, non presenta novità di sorta. Sia come dimensioni che come organizzazione del contenuto, resta ferma nel solco della tradizione, quindi corpo del robot nel contenitore del polistirolo, accessori nei blister e stand classico, il tutto organizzato al millimetro, per una scatola principale dal cartone sufficientemente spesso e dalle misure compatte.
Dotazioni ed accessori
La dotazione originale del Getter One non è particolarmente ricca, ma quello che viene mostrato nella serie, lo si trova anche nella scatola. Oltre ad i due getter tomahawk, troviamo le due minigun con tanto di caricatore estraibile, quattro set di mani alternative, il mantello e lo stand classico dei S.o.C. piccoli.
Ultimo accessorio è l’emettitore dal getter beam, che in questo modello è un complemento esterno e separato, al contrario del Gx-06.
Il livello di dettaglio è all’altezza e compre fedelmente la dotazione originale.
Dovendo trovare delle mancanze, forse uno stand con la possibilità di esposizione più dinamica, avrebbe reso maggior giustizia al modello, sarebbe stato gradevole un ulteriore mantello e qualche parte aggiuntiva sullo stile del Gx-06.
Qualità e finitura
Spesso ci dimentichiamo il livello di precisione dei dettagli su questi gokin, ma Bandai non manca di ricordarcelo, proprio grazie a questi che sono i più piccoli fra i S.o.C.
Rispetto ad uno qualsiasi dei vari componibili, qui ci troviamo davanti ad un corpo principale ricco di diecast (tutto tranne pettorina, testa e piedi), parti in plastica che restituiscono una percezione di buona tenuta e particolari precisi e dipinti in modo uniforme.
Purtroppo persiste la mancanza di dettaglio sulle mani, cosa che Bandai pare aver abbandonato.
Una particolare nota, relativa proprio alla rappresentazione del Getter, è che Bandai non ha mai optato per dare trasparenza alle placche pettorali verdi. Cosa invece che è presente nella versione di Aoshima valorizzandone la resa finale.
Fattore non direttamente legato alla qualità, ma che tira in ballo il shin gokin è l’altezza. Seguendo quanto presentato per li Shin Mazinger e per il Getter Dragon (il più grande di questi “nuovi piccoli chogokin”), anche il Gx-52 è più piccolo e non di poco, rispetto alla rappresentazione di Aoshima che a suo favore ha pure la tradizionale abbondanza di diecast.
Articolazioni e posabilità
Questo Gx-52 è praticamente la somma di tutte le innovazioni portate al classico S.o.C che come capostipite il gx-01. Non c’è molto da aggiungere se non che eredita tutte le nuove soluzioni presentate dal gx-45 in poi, offrendo un ventaglio di pose ed una stabilità ragguardevoli. Ovviamente non siamo ai livelli di moderne action figure, ma sia per numerosità e concezione, è evidente la lontananza generazionale rispetto ai primi Gx.
Difficile trovare punti non articolati, in particolare poi i femori telescopici, offrono due gradi di escursione, così da permettere, nonostante il design decisamente massiccio, pose molto raccolte.
Sistemi telescopici a scatto li troviamo anche su spalle e caviglie, mentre il collo offre due punti di articolazione, uno alla base ed uno al vertice, vicino alla testa entrambi con pernio sferico che garantiscono un’accettabile posa di volo.
Il tronco presenta due articolazioni. Ventre e bacino possono ruotare orizzontalmente, mentre il busto è svincolato sui tre assi, con la possibilità di bloccare la sezione rossa in posa eretta. Accorgimento, questo, che parrebbe servire per migliorare la stabilità in un eventuale posa di volo.
Fedeltà
La fedeltà è buona, molto buona. Fondamentalmente si sono formate due scuole di pensiero, una sostiene l’Aoshima, l’altra il Bandai. Dal mio punto di vista, se andiamo ad analizzare il design di riferimento forse nessuna delle due ha centrato al 100% il modello, in particolare la particolare forma del busto che entrambe hanno allargato nella parte superiore, però rivendendo la versione animata mi pare che le proporzioni del Bandai siano migliori, più raccolte le parti sporgenti, come le spalle e più allargato il bacino, richiamando un po’ le proporzioni over size del Getter One di The Last day.
D’altro canto il design della testa è un’interpretazione diversa, come compare diversa in alcuni episodi (da dopo il tre). Tutto sommato sui dettagli di design influenza anche il gusto personale.
Dove non c’è opinione che conti è sull’altezza e sui dettagli delle placche pettorali e lì Aoshima ha lavorato meglio.
Riflessioni e soluzioni tecniche
Questo GX a buona ragione, lo possiamo considerare come l’ultimo dei classici S.o.C. “piccoli”, quelli figli del Gx-01, per intenderci, dopo questo Getter 1, Bandai ha presentato tutti componibili o trasformabili ed ha ridotto di molto anche il numero di uscite, preferendo spostare parte della sua attenzione sui più piccoli S.r.C. e tutto il parco action figure.
Quanto alle soluzioni tecniche, come detto, quanto già detto sopra, il 52 presenta tutte le ultime soluzioni di articolazioni presentate sui S.o.C. di ultima generazione. In particolare le soluzioni a scatto dei femori, qui ulteriormente potenziate, con ben due step di estensione.
Come per il 51, anche questo Getter, abbandona l’idea del robot componibile e non presenta parti separabili.
Ho letto di segnalazioni relative alla poca tenuta del mantello, però sul mio esemplare teneva bene, mentre il pernio de collo era stato assemblato male ed inizialmente pensavo fosse fallato.
E’ bastato inserirlo più a fondo ed il problema si è rivelato non esserci.
Estremamente interessante è la soluzione adottata per l’accoppiamento delle parti il profilarle come i pannelli visti nella versione animata ma Bandai continua a non sposare i copri vite.
Conclusioni e Pagella
Sinceramente è difficile trovare difetti al modello. Se questi ci sono, probabilmente si possono concentrare nelle scelte pre progettuali, ovvero quello di renderlo una tantum, non accompagnandolo quindi con il relativo Getter 2 e 3 (politica per altro adottata col precedente Dragon) e di farlo piccolo.
Lato tecnico non mostra il fianco a critiche particolari, un maggior dettaglio alle mani sarebbe stato gradito, ma d’altro canto non da adesso che vado a ripeterlo.
Personalmente l’ho apprezzato molto, perché restituisce una sensazione di maggior qualità e rifinitura rispetto all’Aoshima, oltre ad avere una posabilità maggiore. Certo è piccolo ed in vetrina si sposa bene solo con i fratelli di generazione (gx45 e 51), inoltre è quasi impossibile vedere le relative versioni dei rimanenti getter, quindi conviene valutarne bene l’acquisto.
- Molto fedele
- Finiture e precisione colori superiori
- Articolazioni e posabilità
- Prezzo
- Piccolo rispetto ai vecchi S.o.C.
- Ha pochi accessori
- Niente Getter 2 e 3
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