Parlo delle foto, perché di questo Daltanious non si sono mai visti i classici schemi che anticipano la presentazione ufficiale del prototipo, quest’ultimo presentato sempre di 3/4 e quasi sempre assemblato in diversi modi.
Andiamo dunque a vedere se Bandai a reso dovuto omaggio a sua “maestosità” Daltanious.
La confezione
La scatola è molto grande, quasi ingombrante, considerando la profondità complessiva.
La ricca grafica richiama un po’ i colori usati per il vintage, tema questo che tornerà di continuo nel seguito della recensione.
Il cartone appare in linea con le ultime produzioni, quindi leggermente più sottile del necessario e facile a danneggiarsi se non trattato con le dovute cautele.
All’interno le tre parti principali, Atlas/Antares, Beralios e Gumper, sono contenute in un sarcofago grande quanto la scatola stessa, impreziosito da un cartonato, anche questo di forte richiamo vintage, ma privo della classica vetrinetta.
Il resto degli accessori, è distribuito in due blister trasparenti, raccolti in una scatola di cartone bianco, che aiuta ad irrigidire un po’ la scatola principale.
Un aspetto che non mi è piaciuto è la sensazione di spazio sprecato nel contenitore di polistirolo. Volendo poteva sicuramente ospitare molti più accessori, insomma si ha l’impressione di aver voluto esagerare con le dimensioni della scatola, solo per maggior visibilità d’esposizione e strizzare l’occhio ai nostalgici compratori.
Dotazioni ed accessori
Pare che Bandai abbia voluto replicare in tutto il giocattolo vintage e quindi come lista di accessori ci troviamo, praticamente, gli stessi. Ovviamente il design e la realizzazione è, per fortuna, adeguata ai tempi nostri, ma qualcosa manca ed alcuni dettagli sono un po’ tirati via.
Le principali armi ci sono tutte, compresa la “Spada Fiammeggiante”,epica arma finale che qui è riprodotta in plastica semi trasparente colorata, non male, ma perde un po’ di carisma e con un piccolo sforzo e qualche dettaglio dell’impugnatura sarebbe stata migliore.
Per Atlas, non sono previste mani supplementari non essendo possibile sostituire quelle originali, per altro articolate ma dal design poco aggraziato. Sono presenti singoli elementi per comporre le punte perforanti e le lame boomerang, mentre le placche presenti sulle gambe restano di plastica molto leggera e dall’aspetto economico.
Sufficientemente particolareggiata la navicella “delfighter”, da noi conosciuta come “delfino spaziale” che si aggancia in stile moto “nagaiano”. Questa è dotata di parti articolate, per simulare le varie configurazioni e la cabina è scolpita
Come parti asportabili ed aggiuntive, l’Atlas presenta testa e copri spalle più grandi per proporzionare meglio il Daltanious ed i riempimenti per le gambe da asportare prima della trasformazione.
Beralios ha un solo accessorio che si monta sulla schiena, il lancia missili.
Gamper presenta come unico accessorio supplementare: le lame laterali, se escludiamo i bracci artigliati che però sono parte integrante del corpo principale.
D’altro canto dei tre componenti, anche nell’animazione, il più completo era proprio il primo ed il Soc resta fedele a questo.
Daltanious conta un numero di accessori, pari alla dotazione del giocattolo vintage, come detto, ovviamente la qualità è nettamente migliore e quindi spada e scudo sono ben realizzati e fedeli nella colorazione. Un po’ meno bene la balestra, che resta un accessorio poco pratico, anche se magari c’è a chi piace.
Non mancano gli spinner, che si inseriscono sostituendo gli anelli rosso/gialli sugli avambracci. La spada infuocata come anticipato risulta un po’ giocattolosa.
L’aspetto negativo è che di accessori ce ne starebbero altri (per la cronaca Daltanious propone anche pungni sparanti, la rete elettronica, la fiamma disintegrante, le bocche di fuoco, uncino a catena fra le tante), ma Bandai è rimasta sulla linea di fedeltà al giocattolo e quindi, fatto salvo per l’inutile effetto dei raggi sigma, non ha inserito niente di più nella confezione. Ennesima occasione sprecata.
Capitolo a parte le mani. Sono enormi, rispetto al corpo. Forse per aiutare la distribuzione dei volumi, non so spiegarmelo, ma sono davvero sproporzionate, in particolare quelle aperte, oltre tutto non sono nemmeno rifinite e dipinte.
Chiude la dotazione lo stand, del tipo “nuovo” quindi non un elemento per esporre il robot con contorno di accessori, ma solo quest’ultimi. Se sul Daitarn era pessimo anche come presentazione, almeno questo ha il pregio di essere sufficientemente raccolto e discreto, così da poter avere tutte le parti a portata di mano.
Nota di demerito, almeno per me, l’assenza del veicolo di supporto a forma di tartaruga: Gamerot. Da piccolo mi piaceva un sacco e non esiste praticamente nessuna riproduzione che lo rappresenti.
Qualità e finitura
All’inizio sono rimasto stupito per l’impressione di economicità dei materiali, per sincerarmi della mia prima impressione sono andato a rileggermi alcune vecchie recensioni sui componibili Bandai, fra questi, quelli che più mi ero permesso di criticare come qualità dei materiali: lo Zambot 3; ebbene non è che la qualità complessiva delle plastiche e delle finiture sia cambiata più di tanto, il problema è che quel poco di variazione presentata è stata al ribasso.
Prendendo singolarmente i tre componenti, nell’ Atlas si nota la grossolana verniciatura dei femori, qualche problema alle articolazioni delle spalle quasi “gommose” come se la tolleranza fra le parti mobili non fosse proprio corretta o la plastica non rifinita a modo. Plastiche poco rifinite e che combaciano male anche per i copri spalle aggiuntivi, dove si vedono chiaramente i segni di rimozione dalle sprue.
Nel leone, la plastica stile ovetto della kinder è sovrastante e la verniciatura delle placche anteriori non è rifinita a dovere. Per quanto riguarda il Gumper, a parte la quasi totale assenza di metallo, sono presenti alcuni segni delle sprue.
La presenza di metallo, già… questo è un bel tema.
Ci sono i fanatici del Die Cast per cui produzioni come questa sono una blasfemia, altri più tolleranti preferiscono avere un modello più docile alla manipolazione e meno a rischioso da trasformare. Nonostante non mi annoveri fra gli ortodossi del metallo, trovando abbastanza deludente questo progressivo allontanamento dal die cast o zama, che dir si voglia, per una serie che si chiama Anima di Metallo e questo Daltanious ne è un pericoloso testimone.
Globalmente l’aspetto più negativo restano comunque le rifiniture delle parti plastiche che, come potrete vedere nella galleria, presentano spesso i segni e imprecisioni.
Articolazioni e posabilità
La posabilità dei singoli componenti è generalmente buona.
L’Atlas si posiziona bene, anche se ha una mobilità simile ai vecchi Gx.
Beralios è molto leggere, quindi più che posabile, direi che ha lo stesso problema di molte altre figure a 4 arti, ovvero che è difficile trovagli una posizione decente con i piedi ben piantati a terra.
Gumper… beh è una astronave, non c’è molto da dire.
Una volta assemblato Daltanious, risulta stabile, nonostante molte soluzioni discutibili e decisamente anti estetiche.
La massa del corpo è ben distribuita ed i volumi sono tutti verso il basso di conseguenza è escluso il pericolo di caduta accidentale.
Non è presente un’articolazione del busto, mentre la soluzione per articolare i gomiti permette di piegarli agevolmente fino a 90°.
Relativamente alla progettazione dei punti di snodo, molti dubbi lo avevano sollevato le caviglie, o meglio, l’assenza delle stesse. L’articolazione, infatti è ricavata all’interno della placca gialla. A parte l’indubbio impatto estetico, devo dire che la soluzione è comunque risultata solida ed efficace.
La mobilità femorale è buona, ma avrei preferito avessero una dentellatura più ravvicinata per una regolazione più fine delle gambe.
Polsi, sferoidali, gomiti, spalle e collo sono tutti articolati. Esteticamente il punto peggiore della parte superiore sono le spalle in posizione aperta, che per ruotare fanno pernio sopra alla linea del collo e demandano tutto ad un rivetto che fa fare attrito a due parti plastiche.
Dicevamo, in definitiva, che il problema non sta nella posabilità del soggetto garantita dalla possibilità di posa e dai numerosi ed efficaci punti di snodo, quindi dunque dove sta l’inghippo?
Sostanzialmente qualsiasi posizione che si tenti di dare, oltre alla classica posa fissa, il robot risulta goffo e sproporzionato e questo ci porta diretti diretti a considerare la resa in fedeltà di questo prodotto.
Fedeltà
E’ qui si va per le dolenti note…
Come per tutti i Soc, salvo rare occasione, anche in questo caso ci troviamo, chiaramente, davanti ad un’interpretazione del mecha originale. Risulta, infatti spesso impossibile replicare esattamente, volumi, proporzioni e trasformazioni dei super robot. Questo Gx59 non fa eccezione, anzi ne è un chiaro esempio.
I singoli componenti, almeno due su tre, sono stati realizzati con resa più che buona. Il problema è stato che tutti i compromessi sono ricaduti sul povero Beralios, uscito davvero molto male dalle matite degli ingegneri giapponesi. Tale “bruttezza” sia in fattezze che soluzioni tecniche, poi la ritroviamo nel robot combinato.
Daltanious, compie diverse mutazioni volumetriche durante la combinazione dei tre elementi, ad esempio, testa e spalle si ingrandiscono, i femori (del leone) si allungano, Gumper diventa più corto e piccolo… per non parlare del cambio di colore del bacino, che passa dal giallo al nero. Era quindi lecito aspettarsi diversi compromessi, ma non così tanti e non di questa natura.
Per prima cosa, l’impressione generale è che la combinazione finale sia riuscita per metà. Il robot è tozzo, quasi goffo, si nota che non si è riusciti a rendere proporzionati i vari elementi. Visto di profilo richiama più il vecchio giocattolo vintage che il cartone animato. Soluzioni antiestetiche a parte, Bandai è riuscita anche a scontentare un po’ tutti, facendo largo uso di pezzi sostitutivi, ma non provvedendo fino in fondo ad eliminare elementi come le zampe anteriori di Beralios.
Già dalle primo foto si era praticamente ipotizzato tutto e non c’è stato nessun mutamento dal prototipo alla produzione finale (se non che hanno capito come assemblare correttamente le parti del leone).
Una soluzione c’era, magari non sarebbe stata accettata da tutti gli appassionati, ma sicuramente almeno una parte ne avrebbe gioito, ovvero creare una versione alternativa del leone, per il solo uso in combinazione e magari considerare di fare il Gumper un po’ più piccolo.
Avremmo avuto un robot più fedele, un poco meglio proporzionato e nel contempo un leone, anatomicamente accettabile.
La colorazione quasi fedele, secondo me è sbagliata nel solo giallo usato per Beralios, che in origine è più tendente al marrone, ma probabilmente tale scelta cromatica non avrebbe avuto una buona resa.
Riflessioni e soluzioni tecniche
Delle soluzioni tecniche ne ho parlato già sopra, nella sezione dedicata alla “Fedeltà”, ma è bene capire che per la prima volta, la risultante di tante scelte opinabili, mette seriamente in dubbio che Bandai abbia ancora intenzione di proseguire la linea Soul of Chogokin.
In sostanza, vedendo questo prodotto, non si percepisce nessuna evoluzione dai primi componibili. Anzi per molti versi, si ha come la sensazione che semplicemente sia stato messo in produzione riprendendo un vecchio progetto in attesa di rifinitura che mai è arrivata.
E’ come se prima del ripensamento, avessero deciso di mandare in cantiere il primo progetto del Daitarn III. La risultante allora, non convinse nessuno e la stessa Bandai rivide il progetto in molte parti, certo commettendo ugualmente piccoli errori qua e là, ma fornendo al termine del processo di revisione un modello che almeno aveva una personalità ben distinguibile.
Invece guardo questo Daltanious e vedo zampette che ciondolano a mo di zainetto, viti in bella vista, plastiche segnate e piedoni giganteschi e mi chiedo come possano essere gli stessi produttori di tanti altri capolavori.
Conclusioni e Pagella
Sicuramente questo Daltanious su una cosa è riuscito: far discutere. Ho letto molti commenti e recensioni che mi hanno aiutato a formarmi un giudizio complessivo, segno anche dei tempi, una volta eravamo pochissimi a poter “recensire”, oggi ne è pieno il web e qui sono già in ritardo.
Luci ed ombre caratterizzato questo prodotto, che è bene ricordarlo, non è nemmeno tanto economico, visto il cambio con lo yen ed un generale aumento di prezzi. Ovvio che per chi cerca il Daltanious e si trovi ad avere come unica alternativa il vintage, la questione neanche si pone, ma per chi non è particolarmente affezionato a questo mecha direi che le riflessioni sono d’obbligo.
La qualità finale dei materiali e l’imprecisione, delle finiture plastiche ci mettono ulteriormente il carico ad un giudizio che positivo certo non è.
Per poter concludere questa recensione ho dovuto riprendere diverse volte in mano il modello di Bandai e anche adesso, mentre scrivo, non faccio altro che posizionarlo, spostarlo, smontarlo, tanto che “per giocarci” sarebbe il massimo per un bambino, ma non siamo bambini e soprattutto il costo di questi oggetti, anche se genericamente identificati come “Toys” spingono ad analisi ben più razionali.
Preso, esposto in vetrina e magari annegato insieme ad altri Soul di pari stazza, sta molto bene, specialmente se visto frontalmente. Per contro se non posizionato a dovere o isolato tende ad essere un pugno in un occhio ed è quasi meglio scomposto.
Fatevi due conti in tasca, guardate la vostra vetrina e decidete se starne alla larga oppure ospitarlo con amorevole rassegnazione, ma questo GX-59 avrebbe fatto sicuramente girare le lame boomerang al buon vecchio Daltanious del cartone animato.
- è il Daltanious SOC
- abbastanza massiccio
- materiali e finiture criticabili
- molti compromessi funzionali
- estetica complessiva poco riuscita
- costo
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